Nel corso della vita può capitare per varie circostanze di finire iscritti nel temuto Registro dei Protesti, magari a causa di alcuni assegni a vuoto oppure scoperti, o per il ritardo nel pagamento di una rata del mutuo, o per un prestito e/o un finanziamento non estinti regolarmente. Qualunque sia la causa, è innegabile che l’iscrizione in tale registro causi dei considerevoli problemi di accesso al credito, ecco perché è fondamentale capire in dettaglio cosa sia esattamente un protesto e se è possibile cancellarlo. Scopriamolo.
Cos’è un protesto?
Non è affatto inusuale oggigiorno sentire parlare di assegni protestati ad esempio, ma molto spesso non è ben chiaro cosa indichi esattamente questo termine e soprattutto cosa possa comportare a livello personale. Il protesto è essenzialmente un atto pubblico con il quale si va a indicare un pagamento e/o un tentativo di pagamento nullo di una cambiale o di un assegno bancario o postale. Sono diversi i titoli di credito che possono essere oggetto di tale provvedimento, nello specifico riguardano:
- Assegni
- Vaglia cambiali
- Tratte
Le cause del protesto
Senza scendere nel dettaglio dei codici giuridici che regolamentano e illustrano esaustivamente tali cause, si può dire che esistono 3 tipologie sommarie entro cui possono rientrare i vari casi specifici. L’attuale normativa italiana in tal senso è molto chiara e propone le seguenti 3 macrocategorie:
- Difetto di provvista
- Mancata autorizzazione
- Irregolarità
Come avviene l’attuazione del protesto
Il tutto ovviamente parte dal creditore. Nel momento in cui questo si rende conto dei difetti esistenti nella regolare attuazione del pagamento, nelle sue varie forme d’irregolarità, mancanza o ritardo, può immediatamente procedere ad avanzare una lettera di richiamo ufficiale nei confronti del debitore ricordandogli di ottemperare all’estinzione del debito contratto.
Laddove, anche a seguito della lettera ufficiale, la situazione d’inadempienza rimane vigente, si procederà con la regolare denuncia e con la conseguente iscrizione nel Registro di Protesto, quello che comunemente viene anche chiamato registro dei cattivi pagatori.
Ciò a livello pratico coincide con la presenza del nominativo del debitore in un database regolarmente consultabile dai vari enti creditizi ad esempio e laddove questi avanzasse la propria intenzione a richiedere un mutuo, un prestito o anche semplicemente la rateizzazione di un acquisto, questi saranno negati senza possibilità di appello.
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Come cancellare un protesto
Fortunatamente la cancellazione di un protesto è una pratica di per sé non particolarmente difficile e, soprattutto se è la prima volta che ci si ritrova iscritti nel Registro di Protesto, uscirne senza subire conseguenze è possibile. Generalmente a occuparsi della procedura interviene un apposito tribunale competente, non è però affatto inusuale che si scelga di rivolgersi anche a un Giudice di Pace. Affinché si voglia avere la speranza che il tutto si risolva nel migliore dei modi, il consiglio più opportuno è quello di rivolgersi per prima cosa agli uffici di competenza posti nel proprio comune di residenza in maniera tale da ricevere l’iter preciso da seguire.
La procedura di cancellazione in sé prevede diversi step come andremo ora a vedere. Il primo passo da compiere per poter sperare di essere cancellati dal registro dei cattivi pagatori sarà ovviamente quello di estinguere il debito pendente e tutte le relative more. Nel caso specifico del protesto bancario, ad esempio, il debitore farà in modo di far recapitare al creditore tutti gli importi ancora rimanenti in sospeso.
Fondamentale ricordare come il saldo deve imprescindibilmente essere effettuato entro 12 mesi dall’effettiva notifica del protesto, al di là di questa specifica tempistica ogni tentativo di essere cancellati risulterà vano. L’unica possibilità ancora aperta sarebbe quella di avviare una notifica di effettivo e avvenuto pagamento tramite la relativa documentazione ufficiale da presentare in carta da bollo da 14.62 Euro. Il secondo passo riguarderà il rivolgersi a un tribunale di competenza in cui si porterà con sé la propria documentazione di riconoscimento, i contratti su cui è scattato il protesto e le ricevute di rimborso entro e non oltre i 12 mesi dall’avvenuta iscrizione nel registro dei cattivi pagatori.
Il giudice, dopo aver esaminato tutta la documentazione ed essersi accertato che ci siano le condizioni necessarie per poter avanzare nella pratica di cancellazione, procederà in tal senso in virtù della Legge 108/96. Tale procedura ha un costo che per lo più riguarda la domanda che andrà presentata, la quale dovrà essere accompagnata da un bollo del valore di 8 Euro e un altro di 14,62 Euro riguardante il decreto. Il terzo e ultimo step riguarderà la cancellazione effettiva vera e propria. Per attuarla sarà sufficiente recarsi, con l’ovvio documento appena rilasciato dal tribunale, presso l’Ufficio Protesti e chiedere ufficialmente la cancellazione del protesto contratto.
Laddove sia la prima volta che ci si trovi in una situazione del genere, è importante sapere che l’intero iter si svolge entro i 25 giorni dall’avvenuta richiesta, di cui 20 sono destinati all’elaborazione della pratica e i 5 restanti all’accettazione della domanda e alla rimozione ufficiale del nominativo. Dal momento stesso in cui il nominativo viene rimosso dal database dei cattivi pagatori, la propria reputazione creditizia risulterà immacolata e si potranno effettuare nuovamente tutte quelle pratiche come richiesta di rateizzazione, mutuo sulla prima casa, etc, senza temere alcun diniego o problema.
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